Persona seduta in riva al lago, in contemplazione, simbolo di calma interiore e amore sicuro

Ralph WaldEnea Valori, – psiconeurologo e

Quando l’Amore Non Fa Male. Perché la pace ci spaventa più del caos?

Dopo anni di ascolto, con l’onore di aver accompagnato molte persone nei loro percorsi, mi rendo conto di come una delle trappole più invisibili — e più dolorose — dell’amore sia la confusione tra pace e noia.

Spesso accade che si incontri una persona che ci rispetta, ci ascolta e ci accoglie perchè andiamo benissimo così. Una realzione dove non vi è nulla da combattere, nulla da conquistare. Una relazione dove il cuore potrebbe finalmente riposare. Ma invece… ci si sente irrequieti, vuoti, disorientati. Quasi “spenti”.

  • “È davvero noia, o è la tua ferita che non riconosce un amore che non ti ferisce?”

 La tensione emotiva a cui siamo abituati

Se nelle nostre storie d’amore (qualunque tipo d’amore: genitoriale, amicale, romantico…) ci sono stati più momenti di rincorsa, attesa, briciole di attenzione da mendicare, conflitto e passione infuocata… allora una relazione stabile, senza altalene, senza montagne russe di emozioni, dove siamo riconosciuti e rispettati, può sembrarci piatta, poco appagante. Ma non lo è.

È solo che il nostro sistema nervoso — abituato all’allarme — non sa ancora distinguere la calma dalla disconnessione. Ecco perché un amore sano può sembrare freddo se dentro di noi l’unico amore conosciuto è stato una lotta continua per esistere, sopravvivere, essere ricambiati.

Neurochimica della dipendenza affettiva

Le emozioni intense legate all’instabilità, al senso di pericolo e alla conquista, attivano nel cervello circuiti dopaminergici simili a quelli della dipendenza.

Il cortisolo (ormone dello stress) e l’adrenalina diventano i nostri compagni invisibili, e senza di loro ci sentiamo “spenti”.

La tranquillità, quindi, non è noia: è disintossicazione. Ma il processo di disintossicazione può fare paura. Ci mette a confronto con un vuoto che non è il segno della fine dell’amore, ma l’inizio della guarigione.

Il dolore che confondiamo con amore

Molte persone non fuggono dall’amore.

Fuggono dalla calma.

Perché quando il cuore ha imparato a sentire solo nel dolore, allora la quiete viene scambiata per assenza di vita. Ma è solo assenza di ferita.

Ecco perché, in terapia, spesso diciamo: “Non è l’amore che manca. È solo sparita l’adrenalina del dolore.”

Cosa fare quando la pace ti sembra vuota

Riconosci la ferita: ammettere che la percezione dell’amore è stata modellata dal dolore può essere triste e generare timore, ma ci permette di ricostruire per iniziare il processo di guarigione.

Accetta la disintossicazione emotiva: il tuo sistema nervoso sta imparando a stare senza picchi.

Coltiva nuove associazioni: impara che amore può voler dire calma, sicurezza, nutrimento.

Fermati e respira nella calma: la quiete può essere un terreno fertile, non un vuoto.

Calma, sicurezza e nutrimento: la gioia che nasce piano

All’inizio, la calma può sembrare vuota. La sicurezza, noiosa. Il nutrimento, poco eccitante.

Eppure, è da lì che, lentamente, sboccia la gioia autentica — quella che non ha bisogno di picchi emotivi per farsi sentire qualcosa, ma una gioia attiva, costante che ci riempie e ci nutre.

Quando una relazione ci offre sicurezza, il sistema nervoso si rilassa.

Il corpo esce dall’allerta, si regola, si apre. In quello spazio libero dalla minaccia, emergono emozioni nuove: non esplosive, ma profonde. Non teatrali, ma piene, appaganti e durature.

La calma è il terreno fertile per l’intimità.

In assenza di paura, possiamo davvero mostrarci e sentirci gratificati di essere. Non più trattenuti dal bisogno di difenderci o di rincorrere l’altro, possiamo finalmente essere, vivere, sentire. E in questo essere, sboccia la connessione, connessione mentale, fisica, emotiva.

La sicurezza permette l’espansione.

Quando smettiamo di temere l’abbandono, di sentireci in un conflitto costante, di non percepire che andiamo bene come siamo, finalmente possiamo dedicarci a crescere, a creare, a condividere davvero.

Il tempo condiviso non è più consumato dalla tensione, ma generativo, per noi stessi e per gli altri.

Il nutrimento crea memoria emotiva positiva.

I piccoli gesti, le attenzioni costanti, il sapere che si è pensati anche quando non si è presenti: tutto questo nutre i circuiti cerebrali dell’attaccamento sicuro. E nel tempo, costruisce un senso di gioia stabile, sottile, ma profonda.

La vera felicità relazionale non urla. Respira. Non abbaglia. Illumina.

Nel lungo periodo, queste esperienze diventano la base sicura da cui nasce la gratitudine, la leggerezza, la tenerezza — emozioni forse meno scenografiche, ma molto più sane e durature. Emozioni che fanno bene al corpo, al cuore e al cervello.

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Persona seduta in riva al lago, in contemplazione, simbolo di calma interiore e amore sicuro
È nella calma che il cuore impara a non confondere amore e sopravvivenza

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firma di martina chiereghin

Fonti

The Polyvagal Theory: Neurophysiological Foundations of Emotions, Attachment, Communication, and Self-Regulation

Affect Regulation and the Repair of the Self.

The Developing Mind: How Relationships and the Brain Interact to Shape Who We Are

Reazione emotiva dopo un commento giudicante

Marshall B. Rosenberg – psicologo

“Sei troppo sensibile!”, “Permalosə!”, “Esageratə!”

Quante volte abbiamo sentito – o detto – queste parole? E quante volte ci siamo fermati a riflettere su cosa davvero significhino?

Etichettare è facile. Un gesto rapido, quasi automatico. Ma quando etichettiamo una persona per la sua reazione emotiva, stiamo davvero osservando l’altro o stiamo difendendo un’immagine di noi stessi?

Le etichette che ci portiamo dall’infanzia

Fin da bambini veniamo spesso definiti con certe caratteristiche: “troppo sensibile”, “drammatico”, “esagerato”. Queste etichette, ripetute nel tempo, finiscono per costruire un’identità: non solo per chi le pronuncia, ma anche per chi le riceve.

Cresciamo dentro quelle parole, e finiamo per credere che siano vere. Ma lo sono davvero?

Una riflessione da psicologə… e da persona

Quando ho iniziato a studiare psicologia, l’ho fatto anche per comprendere certe mie reazioni. Volevo “aggiustarmi”, capire da dove nasceva quella sensibilità, permalosità (si dice??), durezza, aggressività che spesso veniva vista come un difetto, ma che io mettevo in campo per difendermi e nascondermi.

E mi sono chiestə:

“se sono io l’oggetto di una battuta che mi ferisce, avrò anche il diritto di dire che quella battuta non mi fa ridere? e avrò il diritto di farlo senza essere considerata permalosa? Chi decide cosa è esagerato? Chi decide cosa ferisce?

Proiezioni e difese: chi è davvero in difficoltà?

Oggi credo che chi etichetta spesso stia proteggendo più se stessə, che non identificando gli altri: È molto più complicato e faticoso decidere di riconoscere di aver ferito qualcuno che non semplicemente etichettarlo; riconoscere di aver ferito significa mettere in discussione la propria immagine: “non voglio pensare di me di essere una persona che fa male, quindi preferisco credere che tu esageri.”, mettere in discussione l’immagine che si ha di sè implica sicurezza, e poter ammettere di sbagliare implica autostima,

Dire “sei permalosə/esageratə/aggressivə” è il modo più semplice ed immediato per spostare il problema da se stessi: il problema sei tu, non la mia battuta.

La permalosità (e tutto il resto) non esiste?

Forse sì. O meglio, forse non esiste come tratto stabile e immutabile. Esistono reazioni emotive, a volte anche sproporzionate. Ma anche dietro queste reazioni ci sono trigger emotivi — ferite del passato, esperienze non elaborate.

Commentare solo la “sproporzione” della reazione senza interrogarsi su cosa l’ha innescata significa perdere un’occasione di comprensione e di connessione.

Una frase come:

“Mi dispiace, non volevo ferirti, non mi aspettavo questa reazione” può aprire un dialogo

Dire invece “sei permalosə” chiude ogni spazio. Etichetta, blocca, definisce.

La differenza tra etichetta e responsabilità

Etichettare significa dire: “tu sei così”.

Osservare e responsabilizzarsi significa dire: “questa è stata la tua reazione, cerchiamo di capire insieme”.

Per esempio: se da piccolə ti prendevano in giro per la tua goffagine, è possibile che oggi, ogni commento su quel tema, ti ferisca più di quanto “dovrebbe”. Non sei esageratə: stai proteggendo una ferita aperta.

Conclusione

Etichettare chi abbiamo davanti ci fa sentire sicuri, ma ci impedisce di vedere davvero la persona.

La prossima volta che ci viene da dire “sei permalosə/esageratə/aggressivə” o qualunque altra etichetta, proviamo a chiederci:

“Cosa mi ha dato fastidio davvero? Cosa sta succedendo dentro di me?”

Solo così possiamo trasformare le relazioni in spazi di consapevolezza e non di giudizio.

E si … se te lo stai chiedendo la stessa cosa vale anche per la timidezza, introversione, chiusura….

Reazione emotiva dopo un commento giudicante

Carl Gustav Jung –  psichiatra, psicoanalista

firma di martina chiereghin

Fonti

Brown, B. (2006). Shame resilience theory: A grounded theory study on women and shame. Families in Society, 87(1), 43–52.

Linehan, M. M. (1993). Cognitive-Behavioral Treatment of Borderline Personality Disorder. Guilford Press

Goffman, E. (1963). Stigma: Notes on the Management of Spoiled Identity. Prentice-Hall.

Due mani si cercano e si tendono l’una verso l’altra, simbolo di connessione, relazione e bisogno reciproco

Brené Brown – docente universitaria

Relazioni e autostima: come il legame con l’altro riflette il rapporto con te stesso

Le relazioni che costruiamo parlano molto di noi: dei nostri desideri, delle nostre paure, ma soprattutto del modo in cui ci percepiamo. In qualità di psicologa, mi capita spesso di accompagnare persone che si trovano in difficoltà nei loro legami affettivi e, scavando con delicatezza, emerge una costante: la qualità delle relazioni esterne è strettamente legata alla qualità della relazione che abbiamo con noi stessi.

In questo articolo voglio offrirti uno sguardo approfondito su questo tema complesso, per vedere iniseme:

  • perché autostima e relazioni sono così intrecciate,
  • come riconoscere le dinamiche che fanno male,
  • e soprattutto, cosa puoi fare per spezzare i meccanismi disfunzionali e costruire legami più sani.

Relazioni e autostima: come il legame con l’altro riflette il rapporto con te stesso

Le relazioni sono specchi. Ci rimandano immagini di noi stessi, a volte nitide e luminose, altre volte distorte o dolorose. Negli incontri mi capita spesso di ascoltare persone che soffrono per una relazione difficile o per la mancanza di un legame significativo. Ma scavando sotto la superficie, la radice del dolore si rivela spesso più profonda: ha a che fare con come ci vediamo, quanto ci stimiamo, che valore ci attribuiamo.

In questo articolo ti accompagno in un viaggio dentro il legame tra relazioni e autostima, per aiutarti a riconoscere dinamiche che forse vivi senza accorgertene, e a costruire legami che non feriscono, ma che nutrono.

Cos’è davvero l’autostima?

Molte persone credono che l’autostima sia semplicemente “piacersi” o “pensare bene di sé”. In realtà è qualcosa di molto più profondo: è il rapporto emotivo che hai con te stesso.

L’autostima si costruisce nelle prime relazioni significative, in particolare con i genitori o chi si è preso cura di te. Se ti sei sentito visto, accolto e rispettato nei tuoi bisogni, è probabile che tu abbia interiorizzato un senso di valore personale. Se, al contrario, ti sei sentito inadeguato, giudicato o ignorato, potresti avere sviluppato una voce interiore critica o un senso cronico di insicurezza.

Segnali di un’autostima fragile:

  • Hai bisogno costante di conferme esterne
  • Ti senti in colpa quando poni dei confini
  • Tendi a compiacere gli altri per paura di essere rifiutato/a
  • Fatichi a riconoscere i tuoi meriti

Il legame tra autostima e relazioni

L’autostima non è un affare isolato: si riflette direttamente nel modo in cui scegliamo e viviamo le relazioni.

Se hai una buona autostima, è più facile che tu scelga partner che ti rispettano, ti ascoltano e ti amano senza voler cambiarti. Ma se dentro di te senti di valere poco, potresti essere attratto da relazioni sbilanciate, in cui il tuo bisogno di approvazione prende il sopravvento.

Le ferite dell’infanzia

Molte relazioni adulte ripropongono inconsapevolmente schemi appresi nell’infanzia. Se hai vissuto rifiuto, trascuratezza o ipercontrollo, potresti cercare nell’altro ciò che allora ti è mancato. È un tentativo di riparazione, che però spesso finisce per riattivare il dolore, invece di guarirlo.


Relazioni che nutrono vs relazioni che consumano

Non tutte le relazioni fanno bene. Ci sono legami che ci fanno crescere, e altri che ci svuotano. La differenza sta nella qualità della connessione emotiva.

Relazioni sane:

  • Ti fanno sentire libero/a, non intrappolato
  • Ti permettono di esprimerti senza paura
  • Sono basate sulla reciprocità e non sul sacrificio

Relazioni tossiche:

  • Ti fanno sentire costantemente in difetto
  • Ti portano a dubitare di te
  • Ti consumano energia e identità

Dipendenza affettiva

Spesso chi ha una bassa autostima confonde l’amore con il bisogno. Ma amare non è dipendere. Se temi di essere abbandonato, potresti accettare qualsiasi cosa pur di non restare solo. Questo non è amore, è sopravvivenza emotiva.


Autostima bassa: come impatta sulle relazioni

Una scarsa autostima agisce in modo silenzioso ma profondo nelle dinamiche relazionali. Ecco alcuni effetti comuni:

1. Paura dell’abbandono

Ti porta a essere iper disponibile, a non dire mai “no”, a sopportare troppo. Hai così paura di perdere l’altro che perdi prima te stesso.

2. Senso di colpa

Ogni volta che cerchi di tutelarti, ti senti egoista. Non riesci a distinguere il rispetto di te dai “torti” verso l’altro.

3. Mancanza di confini

Fai fatica a dire cosa ti fa stare male o a far valere i tuoi bisogni. Temi il conflitto e preferisci adattarti, anche a costo della tua serenità.


Quando l’amore fa crescere: relazioni come opportunità evolutive

Le relazioni non sono solo potenziali fonti di sofferenza. Possono essere spazi sacri di evoluzione. Quando c’è ascolto, rispetto e autenticità, l’altro diventa un alleato nel tuo percorso di crescita.

Amore consapevole

L’amore consapevole non è perfetto, ma è intenzionale. Si basa sulla scelta quotidiana di esserci, senza annullarsi, e sull’impegno a comunicare in modo onesto.

Imparare a scegliersi

Spesso restiamo in relazioni per abitudine, paura o senso del dovere. Ma una relazione sana si fonda su una scelta libera, non su un incastro o su una mancanza.


Crescere dentro le relazioni: strumenti per rafforzare l’autostima

La buona notizia è che l’autostima si può costruire e rafforzare, anche in età adulta. E le relazioni, se affrontate con consapevolezza, possono diventare occasioni preziose per farlo.

1. Cura del dialogo interiore

La prima relazione è quella con te stesso. Ascolta come ti parli, come ti giudichi, che parole usi verso di te. Imparare a rivolgersi parole più gentili è un atto psicologico potentissimo.

2. Indipendenza emotiva

Non significa chiudersi, ma saper stare bene anche da soli. Chi ha una buona autonomia emotiva entra in relazione per arricchirsi, non per riempire un vuoto.

3. Psicoterapia

La psicoterapia non serve solo quando “si sta male”. È uno spazio in cui puoi conoscerti meglio, rielaborare le tue ferite, e imparare a costruire legami più sani. Un lavoro profondo, a volte faticoso, ma sempre trasformativo.


Conclusione: la relazione più importante resta quella con te stesso/a

Le relazioni sono fondamentali per il nostro benessere. Ma nessun legame esterno potrà mai colmare il vuoto che nasce da una relazione interiore trascurata.

Investire sulla tua autostima significa scegliere con più lucidità, amare con più libertà e costruire legami che ti somigliano davvero.

Non si tratta di diventare perfetti, ma di imparare a volerti abbastanza bene da non accontentarti di ciò che ti ferisce.
Perché l’amore che cerchi fuori inizia, sempre, da dentro.

Due mani si cercano e si tendono l’una verso l’altra, simbolo di connessione, relazione e bisogno reciproco

Oscar Wilde – scrittore, drammaturgo

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firma di martina chiereghin

Fonti

American Psychological Association – Attachment and Relationships

Nathaniel Branden – I sei pilastri dell’autostima

Brené Brown – Il potere della vulnerabilità

Donna adulta in un parco che ascolta il proprio corpo con serenità

Viktor Frankl – psichiatra, neurologo 

Imparare a regolare le emozioni da adulti: è possibile e fondamentale per il benessere psicologico

Molte persone arrivano all’età adulta senza aver mai realmente imparato a regolare le proprie emozioni. Se da bambino non hai avuto l’opportunità di sviluppare una buona consapevolezza emotiva — magari a causa di un ambiente familiare disfunzionale, di traumi o semplicemente per la mancanza di una guida emotiva — potresti ritrovarti spesso sopraffatto da emozioni intense come ansia, rabbia, vergogna, oppure al contrario sentirti spento, apatico, disattivato.

Ma la buona notizia è che regolare le emozioni si può imparare, anche da adulti. Questo è uno degli obiettivi principali delle sedute psicologiche. Tuttavia, con alcune buone pratiche quotidiane, puoi iniziare fin da subito a costruire una relazione più sana con il tuo mondo emotivo.

Cosa significa “regolare le emozioni”?

Regolare le emozioni non significa reprimere ciò che senti, né tantomeno vivere in uno stato di calma apparente e forzata. Significa piuttosto essere consapevole di ciò che stai provando, istante per istante, e riuscire a rimanere in una “finestra di tolleranza” in cui le emozioni possono essere accolte, comprese e attraversate senza perdere il contatto con te stesso e con la realtà.

È la capacità di restare presente, lucido e centrato anche nelle difficoltà. È un’abilità che si coltiva, giorno dopo giorno, e che può trasformare radicalmente la qualità della tua vita, delle tue relazioni e delle tue scelte.

Primo passo: ascolta il tuo corpo

Le emozioni si manifestano nel corpo prima ancora che nella mente. Impara a chiederti più volte al giorno:

  • “Come mi sento adesso?”
  • “Il mio corpo è teso o rilassato?”
  • “Mi sento agitato o spento?”
  • “Cosa è successo poco prima che mi sentissi così?”

Questo tipo di auto-monitoraggio emotivo è fondamentale per cominciare a distinguere gli stati in cui sei dentro la tua finestra di tolleranza (calma, presenza, curiosità) e quelli in cui ne sei fuori (iper-attivazione o spegnimento).

Regolatori emotivi: quelli utili e quelli rischiosi

Per far fronte allo stress o alle emozioni intense, tutti — consciamente o inconsciamente — utilizziamo dei regolatori emotivi. Alcuni sono chiamati “regolatori di sopravvivenza”, perché offrono un sollievo immediato ma hanno effetti collaterali importanti sul lungo termine. Tra questi troviamo:

  • Fumo
  • Alcol
  • Cibo in eccesso o disordinato
  • Scroll infinito sui social o smartphone
  • Shopping compulsivo

Questi strumenti sono comprensibili, soprattutto quando non se ne conoscono altri, ma è fondamentale non abusarne, perché portano a un impoverimento del benessere psicologico e fisico nel tempo.

Regolatori emotivi nutrienti: il vero cambiamento

La chiave sta nel sostituire i regolatori disfunzionali con regolatori emotivi nutrienti: attività semplici, sane e personalizzate che ti aiutano a rientrare in uno stato di calma e sicurezza senza effetti collaterali negativi.

Eccone alcuni esempi:

  • Fare una passeggiata all’aria aperta
  • Esporsi al sole e sentire il calore sulla pelle
  • Bere una bevanda calda lentamente
  • Accarezzare il tuo animale domestico
  • Ricevere o chiedere un abbraccio sincero
  • Fare un bagno caldo o una doccia rilassante
  • Ascoltare musica che ti calma
  • Correre o praticare sport
  • Respirare profondamente per 2-3 minuti

Ognuno deve trovare i propri. La regolazione emotiva è personale, e ciò che funziona per qualcuno può non funzionare per te. Il compito è osservarsi, sperimentare e riconoscere cosa davvero ti aiuta a ritrovare stabilità.

Conclusione

Non devi fare tutto da solo. La terapia è uno spazio sicuro in cui puoi esplorare le tue emozioni, comprendere i meccanismi automatici appresi nel passato e imparare nuove modalità di relazione con te stesso. La regolazione emotiva è un processo che richiede tempo, ma porta benefici profondi: più lucidità, più libertà, più autenticità.

RIASSUNTO: Regolatori Emotivi Nutrienti: idee per ritrovare calma e presenza

Quando ti senti sopraffatto o disconnesso da te stesso, prova una di queste azioni. Non tutte funzionano per tutti: sperimenta e scopri ciò che è davvero nutriente per te.

Attività fisiche leggere

  • Camminare lentamente all’aperto
  • Correre o fare attività sportiva moderata
  • Fare stretching consapevole o yoga dolce

Stimoli sensoriali calmanti

  • Bere una bevanda calda o fredda lentamente
  • Fare una doccia o un bagno caldo
  • Accarezzare il tuo animale domestico
  • Tenere tra le mani un oggetto morbido o rilassante

Connessione e relazione

  • Chiedere un abbraccio sincero
  • Parlare con una persona di fiducia
  • Scrivere ciò che provi in un diario emotivo

Contatto con la natura

  • Esporsi al sole per qualche minuto
  • Sedersi su una panchina e osservare il paesaggio
  • Camminare a piedi nudi sull’erba o sulla sabbia

Tecniche di consapevolezza

  • Respirazione diaframmatica (3 minuti)
  • Esercizio dei 5 sensi: cosa vedi, senti, tocchi, gusti, annusi?
  • Ascoltare musica rilassante con attenzione

Tieniti una lista personale dei tuoi regolatori efficaci, come un piccolo “kit di emergenza emotiva”. Scrivili, sperimentali, rendili tuoi.

Donna adulta in un parco che ascolta il proprio corpo con serenità

Sigmund Freud – neurologo, psicoanalista

firma di martina chiereghin

Fonti

Siegel, D. J. (2012). La mente relazionale.

Gross, J. J. (1998). The Emerging Field of Emotion Regulation: An Integrative Review.

National Institute of Mental Health – Regulating Emotions

Donna che scrive su un taccuino in penombra, riflettendo sul senso di responsabilità e sul senso di colpa.

Harriet Lerner – psicoterapeuta

Senso di responsabilità vs. senso di colpa: due facce della stessa moneta? No. Ecco perché.

Spesso il senso di responsabilità e il senso di colpa vengono confusi, come se fossero due facce identiche di un’unica medaglia. In realtà, sono due esperienze interiori profondamente diverse, che influenzano il nostro modo di pensare, sentire e agire. Capire questa distinzione non è un vezzo teorico: è la chiave per prendersi cura di sé, per costruire relazioni più autentiche e per affrontare la vita con maggiore serenità. Comprendere questa distinzione è fondamentale per migliorare il benessere emotivo e promuovere una crescita personale autentica

Cos’è il senso di responsabilità?

Definizione: capacità di riconoscere il proprio ruolo nelle azioni e nelle scelte, assumendosi le conseguenze in modo proattivo e costruttivo.

Il senso di responsabilità è la capacità di riconoscere il proprio ruolo nelle situazioni, assumendosi le conseguenze delle proprie scelte in modo lucido, costruttivo e proattivo. È una forza interiore che guida l’azione etica, la coerenza e l’affidabilità.

Quando parlo di senso di responsabilità, mi riferisco a quella spinta interiore che ci fa dire: “Ok, qui c’è qualcosa che dipende da me, posso fare la mia parte”. È come un faro che ci guida a fare un passo avanti, a rimediare, a prenderci in carico le conseguenze delle nostre scelte senza paura. Siano essi successi siano criticità… (si siamo responsabli anche dei nostri successi!)

Caratteristiche principali:

  • Orientamento all’azione e alla soluzione. Non restiamo bloccati sui problemi, ma cerchiamo strade pratiche per risolverli: ci organizziamo, chiediamo aiuto, studiamo una strategia.
  • Consapevolezza di limiti e risorse. Sappiamo di non essere onnipotenti, ma riconosciamo i nostri punti di forza e quelli sui quali possiamo lavorare.
  • Riparazione concreta. Se sbagliamo, non stiamo a crogiolarci: chiediamo scusa e proponiamo un gesto riparatore.

Che cos’è il senso di colpa?

Definizione: emozione che insorge quando si percepisce di aver violato un proprio codice morale o affettivo. Può essere utile come bussola morale, ma diventa disfunzionale se eccessivo o ingiustificato.

Il senso di colpa è un’emozione che nasce quando sentiamo di aver violato un nostro codice morale o affettivo. Può essere utile solo se legato a una reale responsabilità, ma diventa tossico se è generato da aspettative irrealistiche, manipolazioni o da un Super-Io ipercritico.È come un campanello d’allarme, utile se ci avverte di una reale trasgressione. Ma diventa veleno quando suona senza motivo o rimane acceso a lungo.

Caratteristiche principali:

  • Autogiudizio e autocritica
  • Ruminazione mentale (“rimuginio”)
  • Immobilismo emotivo

Tabella riassuntiva

AspettoSenso di responsabilitàSenso di colpa
OrigineScelta consapevoleGiudizio interiore
EffettoPromuove l’azioneAlimenta la ruminazione
Stato emotivoCentratura, chiarezzaAnsia, vergogna
Dialogo interiore“Come posso rimediare?”“Sono sbagliato/a”

Perché è importante fare distinzione

  1. Crescita personale: Un sano senso di responsabilità ci spinge a migliorare, mentre la colpa cronica ci tiene fermi, in un circolo vizioso di autocritiche e dubbi.
  2. Relazioni equilibrate: Riparare un torto è far sentire l’altro ascoltato e rispettato. Rimanere nella colpa, invece, alimenta distanze e incomprensioni.
  3. Benessere emotivo: Liberarsi dal peso della colpa irrazionale riduce ansia, insonnia e perfezionismo esasperato.

Come coltivare il senso di responsabilità

Auto-riflessione guidata, Pratica dell’assertività, Esercizi di riparazione

  • Diario riflessivo: Prendi cinque minuti ogni sera per annotare cosa hai fatto, cosa avresti potuto fare diversamente e quali passi concreti intendi compiere domani.
  • Assertività con empatia: Impara a dire no quando serve, ma con rispetto: “Apprezzo l’invito, ma oggi non posso. Possiamo sentirci domani?”.
  • Gesti riparatori: Doppi se sbagli davvero: un messaggio, una piccola attenzione, un gesto simbolico che dimostri l’impegno a fare meglio.

Conclusione

Distinguere il senso di responsabilità dal senso di colpa è il primo passo per una gestione emotiva efficace e per costruire rapporti più autentici. Il primo ci guida verso il cambiamento e la riparazione; il secondo, se fuori controllo, ci imprigiona in giudizi negativi.

Distinguere il senso di responsabilità dal senso di colpa è un vero atto di cura verso se stessi. Significa smettere di etichettarci come “sbagliati” e iniziare a vedere le nostre azioni come opportunità di crescita.

Donna che scrive su un taccuino in penombra, riflettendo sul senso di responsabilità e sul senso di colpa.

Viktor E. Frankl – neurologo, psichiatra 

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firma di martina chiereghin

Fonti

Tangney, J. P., & Dearing, R. L. (2002). Shame and Guilt. Guilford Press.

Neff, K. (2011). Self-Compassion: The Proven Power of Being Kind to Yourself. William Morrow.

Un gruppo di persone in piedi con le braccia aperte, formando simbolicamente un corpo femminile

William Shakespeare – drammaturgo e poeta

Sesso Lento: Riscoprire il Piacere e la Connessione Profonda

Cos’è lo Sesso Lento?

Nella cultura occidentale, spesso il modo in cui facciamo l’amore rispecchia il ritmo frenetico in cui viviamo: rapido e senza tempo per vivere appieno il piacere.

Il sesso lento ci invita a rallentare e a concederci il tempo necessario per connetterci profondamente al nostro corpo e a quello del partner.

Questo approccio ci incoraggia a concentrarci sulle sensazioni interiori, creando un’esperienza più profonda e duratura di piacere, sperimentando il coinvolgimento di tutti i sensi

I Benefici dello Sesso Lento

La pratica del sesso lento consente ai partner di entrare in un contatto più autentico con il proprio corpo, ma anche di ascoltare e rispettare i desideri reciproci. Presenza, lentezza e delicatezza sono le parole chiave per imparare questa forma di sessualità. In questo processo, anche i preliminari, lo sguardo, le parole, e il tocco sono essenziali per una vera esperienza di intimità.

Il sesso lento aumenta l’intensità del piacere e migliora l’intesa con il partner.

La consapevolezza durante il rapporto sessuale stimola la corteccia prefrontale del cervello, migliorando l’autoconsapevolezza e riducendo le distrazioni. Inoltre, attiva il sistema nervoso parasimpatico, favorendo il rilassamento e incrementando il piacere.

Rallentare per una Connessione più Profonda

Il sesso rapido ed episodico, focalizzato principalmente sulla penetrazione e sull’orgasmo, può spesso portare a insoddisfazione sessuale, per lo più nel genere femminile

Al contrario, nel sesso lento, ci si concentra sulle sensazioni, sull’esplorazione reciproca, senza fretta di raggiungere il picco del piacere.

L’orgasmo non è l’obiettivo primario, ma una delle possibili esperienze che arricchiscono il viaggio sensoriale.

Vantaggi del Sesso Lento

Il sesso lento permette di esplorare zone erogene spesso trascurate, come il collo, la parte interna dei polsi, e la parte bassa della schiena, che sono ricche di terminazioni nervose.

Queste aree, se stimolate con un tocco delicato, possono amplificare l’eccitazione e intensificare il piacere. Inoltre, il sesso lento non è solo fisico, ma un approccio olistico che dà priorità alla connessione emotiva e alla consapevolezza.

Lentamente, i partner possono scoprire nuove modalità di piacere, riscoprendo il valore della carezza, del bacio prolungato, e della connessione emotiva durante ogni fase dell’incontro intimo.

Rallentare per Risvegliare la Sessualità

Il sesso lento può essere particolarmente utile per coppie che sperimentano disfunzioni sessuali (come eiaculazione precoce, anorgasmia o disturbi erettivi) o per chi desidera riaccendere il desiderio sessuale.

Spostando l’attenzione dal raggiungimento dell’orgasmo a un piacere più duraturo, si riscopre una nuova connessione erotica e si sviluppa una tensione sessuale quotidiana, che può essere mantenuta anche con poco tempo a disposizione.

L’Alchimia del Sesso Lento: Neurotrasmettitori e Ormoni in Gioco

Quando si pratica il sesso lento,  una serie di ormoni e neurotrasmettitori vengono rilasciati nel corpo, giocando un ruolo fondamentale nel migliorare l’esperienza del piacere, favorendo il benessere e rafforzando il legame emotivo tra i partner.

Ecco alcuni degli ormoni e neurotrasmettitori che giocano un ruolo chiave:

  • Dopamina: Il neurotrasmettitore del desiderio, che si attiva durante l’attesa e l’esplorazione graduale del piacere.
  • Serotonina: Promuove la calma e l’appagamento emotivo, creando uno spazio sicuro per la connessione.
  • Ossitocina: L’ormone dell’amore, che si rilascia durante il contatto fisico prolungato, rafforzando il legame emotivo tra i partner.
  • Endorfine**: Agiscono come un analgesico naturale, riducendo lo stress e aumentando il benessere generale.

Approfondiamo il loro funzionamento e il modo in cui contribuiscono a creare una connessione più profonda e soddisfacente.

La Corteccia Prefrontale: Il Cervello e l’Attesa del Piacere

Nel sesso lento, non solo il corpo, ma anche la mente gioca un ruolo centrale.

La corteccia prefrontale, una delle aree più evolute del cervello, è responsabile di funzioni come l’autocontrollo, la pianificazione e la regolazione delle emozioni.

Quando rallentiamo, questa parte del cervello diventa particolarmente attiva, facilitando la consapevolezza e l’autocontrollo durante l’esperienza sessuale.

La corteccia prefrontale ci aiuta a concentrarci sul momento presente, a prestare attenzione a ogni tocco, ogni respiro, ogni sensazione. In un ambiente così consapevole, l’attesa stessa diventa parte integrante del piacere, e l’esperienza sessuale non si concentra solo sull’obiettivo finale (l’orgasmo), ma si estende a ogni fase dell’incontro intimo.

Questo tipo di concentrazione mentale fa sì che ogni momento diventi significativo, aumentando l’intensità del piacere.

Dopamina: Il Piacere dell’Attesa

La dopamina è uno dei neurotrasmettitori principali legati al desiderio e alla ricompensa. Quando rallentiamo e aumentiamo l’attesa nel sesso lento, la dopamina viene rilasciata in modo significativo. L’attesa stessa amplifica il desiderio, facendo crescere la tensione erotica tra i partner.

Questa sostanza chimica gioca un ruolo fondamentale nel ciclo del piacere, ed è spesso associata alla motivazione e alla gratificazione. Quando proviamo il desiderio, il nostro cervello libera dopamina, creando una sensazione di anticipazione che, nel caso del sesso lento, può aumentare la sensazione di piacere in modo più duraturo e profondo rispetto alla gratificazione immediata.

L’esperienza diventa quindi più emotiva e sensoriale, dando spazio all’eccitazione di essere in attesa di un piacere

Serotonina: La Calma nella Connessione

La serotonina, spesso definita l’ormone del “benessere”, è associata alla regolazione dell’umore e alla sensazione di calma e appagamento. Durante il sesso lento, i partner si concedono il tempo di connettersi emotivamente, di esplorare il corpo dell’altro con attenzione e senza fretta, creando uno spazio sicuro e rilassante.

La produzione di serotonina favorisce la sensazione di pienezza emotiva e soddisfazione che nasce dall’intimità profonda. In questo contesto, il sesso non è solo un atto fisico, ma un’esperienza che nutre anche il cuore e la mente, rendendo ogni tocco, bacio e sguardo un’espressione di amore e cura reciproca.

Inoltre, la serotonina gioca un ruolo importante nel rilassamento: più ci sentiamo sicuri e connessi con il partner, più è facile lasciarsi andare e godere del piacere senza ansia o preoccupazioni.

Ossitocina: Il Legame Profondo

Conosciuta anche come l’ormone dell’amore, l’ossitocina è una sostanza chimica fondamentale nella creazione di legami emotivi e affettivi. Viene rilasciata durante il contatto fisico, in particolare nei momenti di intimità come il bacio, l’abbraccio o il contatto pelle a pelle.

Nel sesso lento, l’ossitocina gioca un ruolo cruciale nel rafforzare il legame emotivo tra i partner. La produzione di ossitocina durante il contatto fisico prolungato favorisce un senso di connessione profonda, rendendo l’esperienza sessuale non solo un atto di piacere fisico, ma anche un atto di cura e intimità. È un ormonale che aiuta a rafforzare il legame tra i partner, rendendo l’intimità più sincera e genuina.

Quando la relazione si costruisce su una solida base di ossitocina, i partner si sentono più vicini e in sintonia, migliorando la qualità e la soddisfazione della relazione sessuale.

Endorfine: Il Piacere Naturale

Le **endorfine** sono neurotrasmettitori naturali che agiscono come **analgesici** naturali e sono direttamente collegate al piacere. Durante il sesso lento, l’intensificazione del piacere attraverso il tocco e l’esplorazione più attenta del corpo porta a un rilascio di endorfine, che riducono lo stress e migliorano il benessere fisico ed emotivo.

Le endorfine contribuiscono a creare una sensazione di euforia naturale e di appagamento che può durare anche dopo il termine del rapporto. Questo effetto “afterglow” è una delle ragioni per cui il sesso lento non solo migliora il piacere sessuale immediato, ma favorisce anche una sensazione di benessere a lungo termine.

I Punti Erogenei da Scoprire nel Sesso Lento

Nel sesso lento, non solo la penetrazione è importante, ma anche l’esplorazione di aree più sottili e sensibili del corpo. Ecco alcuni dei punti erogeni che meritano attenzione durante il rapporto:

  • Labbra e orecchie
  • Collo e nuca
  • Interno braccia e polsi
  • Zona lombare, interno coscia e retro ginocchia

Queste zone, quando toccate con delicatezza e intenzione, possono amplificare il piacere e creare una maggiore connessione tra i partner.

Ma ricordiamo sempre che ogni persona è diversa…..

Perché Scegliere il Sesso Lento?

Il sesso lento non è solo un atto fisico, ma un’opportunità per riscoprire il piacere autentico, che coinvolge corpo, mente ed emozioni. Concedersi il tempo di esplorare e connettersi consapevolmente con il partner crea uno spazio di intimità che nutre profondamente la relazione.

Rallentare non significa solo fare sesso, ma vivere un’esperienza che arricchisce la relazione, facendo dell’intimità un vero e proprio rituale.

Conclusione: Abbraccia il Cambiamento

Nel sesso lento, ogni tocco, bacio e carezza è accompagnato dal rilascio di ormoni e neurotrasmettitori che favoriscono il piacere, la connessione e il benessere complessivo.

La corteccia prefrontale ci aiuta a rimanere presenti e consapevoli durante il processo, mentre sostanze come la dopamina, la serotonina, lossitocina e le endorfine amplificano l’esperienza sensoriale, creando una nuova dimensione di intimità.

Rallentando il ritmo e concentrandosi sul piacere e sulla connessione reciproca, possiamo trasformare il sesso in un’esperienza che nutre non solo il corpo, ma anche la mente e l’anima, migliorando la qualità della relazione e creando una base solida per un’intimità duratura.

Se desideri una sessualità più consapevole, il sesso lento è una pratica che può migliorare l’intimità, rafforzare la connessione con il partner e risvegliare nuove dimensioni di piacere.

È il momento giusto per riscoprire il piacere autentico e la bellezza di fare l’amore con calma e consapevolezza.

Un gruppo di persone in piedi con le braccia aperte, formando simbolicamente un corpo femminile

Carol Burnett – attrice, comica, conduttrice televisiva

 

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firma di martina chiereghin

Fonti

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Pellicola fotografica con quattro immagini: un ritratto di donna, un ritratto di uomo, un filamento di DNA e fiori di vari colori, a rappresentare la diversità biologica e individuale.

Gregorio Marañón – medico, scrittore e filosofo

Perché le donne non chiamano il carro attrezzi? 

L’uguaglianza tra uomini e donne è fondamentale, ma questo non significa che abbiano le stesse abilità o che reagiscano agli eventi nello stesso modo. Le differenze tra i due sessi sono il risultato di millenni di evoluzione e si riflettono anche nelle situazioni quotidiane, come nel caso di un’auto in panne. 

Differenze di comportamento tra uomini e donne 

Differenze di comportamento tra uomini e donne: Uno studio sulle abitudini di uomini e donne ha evidenziato un dato interessante: quando la macchina si ferma improvvisamente, la maggior parte delle donne non chiama immediatamente il carro attrezzi: Prima effettuano altre telefonate, spesso a un familiare, al partner o a un’amica. Gli uomini, invece, contattano direttamente il meccanico o il servizio di soccorso stradale, e solo dopo avvisano eventuali conoscenti. 

Ma perché questa differenza? La risposta sta nel modo in cui i cervelli maschile e femminile sono programmati per affrontare i problemi. 

Condivisione vs. soluzione: due approcci diversi 

Le donne tendono a essere orientate alla relazione, mentre gli uomini sono orientati all’azione. Questo schema si riflette anche nel modo in cui affrontano le difficoltà: 

  • Le donne danno priorità alla condivisione del problema, a volte anche più della soluzione stessa. Parlare con qualcuno è per loro un modo per elaborare la situazione. 
  • Gli uomini si focalizzano sulla risoluzione immediata del problema, spesso senza sentire il bisogno di discuterne con altri. L’obiettivo principale è trovare una soluzione nel minor tempo possibile. 

L’origine evolutiva di questa differenza 

Questa distinzione ha radici profonde nella storia dell’umanità. Per quanto oggi possiamo volare, chiacchierare guardandoci anche a centinaia di km di distanza, l’evoluzione tecnologica è molto più veloce di quella biologica. Per millenni, le donne hanno vissuto e lavorato in piccoli gruppi, occupandosi della prole, della conservazione del cibo e della cura della comunità. Mantenere l’armonia all’interno del gruppo era essenziale per la sopravvivenza, motivo per cui la comunicazione e la condivisione sono diventate elementi chiave del loro comportamento.  Gli uomini, invece, erano cacciatori o agricoltori e operavano spesso in solitaria. Se si presentava un problema, dovevano risolverlo rapidamente e in autonomia, senza perdere tempo in discussioni

Cosa significa oggi questa differenza? 

Sebbene la società sia cambiata radicalmente, la nostra biologia non si è evoluta altrettanto velocemente. Ancora oggi, quando si presenta un problema: 

  • Le donne tendono a parlarne e a cercare condivisione emotiva.
  • Gli uomini cercano subito la soluzione più efficace e veloce. 

Questa differenza è alla base di molte incomprensioni e discussioni tra i sessi. Spesso, uomini e donne parlano dello stesso problema, ma con scopi completamente diversi: mentre lei usa la situazione per creare condivisione e relazione (perché nella maggior parte dei casi è assolutamente in grado di risolvere il problema anche da sola), lui cerca una soluzione pratica immediata. 

Come evitare conflitti grazie a questa consapevolezza 

Essere consapevoli di queste differenze può aiutarci a migliorare la comunicazione e a ridurre le incomprensioni. In una discussione, una donna può spiegare chiaramente che ha bisogno di essere ascoltata, senza che il suo interlocutore si senta obbligato a trovare subito una soluzione. D’altra parte, un uomo può chiarire che cerca una soluzione, senza troppi fronzoli. 

Capire questi meccanismi ci permette di migliorare le relazioni e affrontare le difficoltà con maggiore empatia e comprensione. 

Pellicola fotografica con quattro immagini: un ritratto di donna, un ritratto di uomo, un filamento di DNA e fiori di vari colori, a rappresentare la diversità biologica e individuale.

Margaret Mazzantini – scrittrice, drammaturga, attrice

 

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firma di martina chiereghin

Fonti

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il cambiamento nella natura nei colori e nell'essere umano

Robert C. Gallagher – politico e arcivescovo inglese

Il Cambiamento: La Costante della Vita e Come Abbracciarlo

Il Cambiamento: Una Verità Universale

“Le persone non cambiano”: quante volte abbiamo sentito questa frase? Eppure, per gli scienziati, questa convinzione è fonte di frustrazione.

Il cambiamento è l’unica costante della scienza (e nella vita), In ogni ambito della scienza, dall’energia alla materia, tutto si trasforma continuamente. Nulla rimane statico: tutto matura, si evolve e si rinnova, si trasforma continuamente, si fonde, cresce e muore.

Nella natura, nulla resta immutato. Ciò che invece è innaturale è la nostra resistenza al cambiamento.

Noi esseri umani spesso resistiamo al cambiamento, cercando di aggrapparci a ciò che conosciamo, anche quando ciò ci trattiene. Ci aggrappiamo a ciò che era, ai vecchi ricordi, alle convinzioni che tutto possa essere immutabile invece di costruirne di nuovi.

Questo atteggiamento si scontra non solo con le leggi scientifiche ma anche con il nostro potenziale di evoluzione.

Perché Resistere al Cambiamento è Innaturale

Il nostro attaccamento al passato — ai ricordi, alle abitudini, alle certezze — è una forma di auto-protezione. Molte persone vedono il cambiamento come una minaccia, un’interruzione di quella che percepiscono come stabilità.

Mantenere, nonostante tutto, lo status quo delle cose ci fa sentire al sicuro in un mondo che cambia continuamente, Ma resistere al cambiamento non è naturale.

La vita è un flusso continuo, e  questa resistenza, negare questa realtà, può impedirci di evolvere e crescere,  può diventare un ostacolo al progresso personale.

Il cambiamento è inevitabile e come lo viviamo dipende esclusivamente da noi.

Il Cambiamento come Opportunità

Possiamo percepire il cambiamento come una fine o come un’occasione per rinascere. Abbracciarlo con consapevolezza può trasformarsi in un’esperienza liberatoria, simile a una scarica di adrenalina.

Allentare la presa su ciò che era e lasciarsi trasportare dal flusso del cambiamento ci permette di vivere con più pienezza. Ogni momento può essere un punto di partenza, un’altra opportunità per costruire nuovi ricordi, nuove esperienze e una nuova versione di noi stessi.

Come Viviamo il Cambiamento?

La nostra percezione del cambiamento dipende dalla nostra prospettiva:

  • Come una perdita: Possiamo vederlo come una fine, qualcosa da temere e da evitare a tutti i costi.
  • Come una rinascita: Oppure possiamo accoglierlo come una seconda occasione, un’opportunità per ricominciare e reinventarci.

Lasciare Andare per Rinascere. Come Accettare il Cambiamento

Come Accettare il Cambiamento

  • Riconosci la tua Resistenza: Essere consapevoli delle proprie paure è il primo passo per affrontarle.
  • Pratica il Distacco: Impara a lasciar andare ciò che non ti serve più. Questo può significare persone, situazioni o abitudini.
  • Concentrati sul Presente: Il cambiamento è un’opportunità per vivere nel qui e ora, senza restare intrappolati nel passato.
  • Cerca il Supporto: Parlare con uno psicologo può aiutarti a gestire i sentimenti legati al cambiamento e a trasformarli in crescita.

Allentare la presa sul passato non è facile, ma è essenziale per vivere appieno. Se impariamo a lasciare andare, il cambiamento può diventare un’esperienza esaltante, un’adrenalina che ci spinge verso nuove opportunità. Ogni momento di cambiamento è una possibilità di rinascita, un’occasione per scoprire chi siamo davvero.

Conclusione: Abbraccia il Cambiamento

Il cambiamento non è qualcosa da temere, ma una realtà da accettare, accogliere e vivere con consapevolezza. Ogni trasformazione  è un’opportunità per crescere, una nuova possibilità di vita, evolvere e riscoprire la quotidianità con occhi nuovi. Se impariamo a viverlo con apertura e coraggio, possiamo scoprire un mondo di opportunità che prima ci sembrava irraggiungibile.

Apri le dita, lascia andare e permetti al cambiamento di trasformarti….

il cambiamento nella natura nei colori e nell'essere umano

Charles Darwin – biologo, naturalista, geologo, esploratore

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firma di martina chiereghin

Teoria dell’Adattamento e della Resilienza – Bonanno, G. A. (2004). *Loss, trauma, and human resilience: Have we underestimated the human capacity to thrive after extremely aversive events?* American Psychologist, 59(1), 20-28.

Psicologia del Cambiamento  – Prochaska, J. O., & DiClemente, C. C. (1983). *Stages and processes of self-change of smoking: Toward an integrative model of change.* Journal of Consulting and Clinical Psychology, 51(3), 390-395. 

Neuroplasticità e Cambiamento – Merzenich, M. M., & Jenkins, W. M. (1993). *Reorganization of cortical representations of the hand following alterations of skin inputs induced by nerve injury, skin island transfers, and experience.* Journal of Neuroscience, 13(1), 103-121. 

Cambiamento e Benessere Psicologico – Ryff, C. D., & Singer, B. H. (1998). *The contours of positive human health.* Psychological Inquiry, 9(1), 1-28.

Cambiamento e Scienza della Felicità – Lyubomirsky, S., Sheldon, K. M., & Schkade, D. (2005). *Pursuing happiness: The architecture of sustainable change.* Review of General Psychology, 9(2), 111-131. 

Cartello con la scritta EXIT che simboleggia una via di uscita, rappresentativo delle scelte individuali in situazioni di conformità sociale.

Ralph Waldo Emerson – filosofo, scrittore, saggista

Bias della Conformità: Cos’è e Come Influenza le Nostre Decisioni

Bias della Conformità: Cos’è e Perché Accade

Il bias della conformità è un fenomeno psicologico che spiega la tendenza degli individui ad adeguarsi al comportamento o alle opinioni del gruppo, anche quando queste contraddicono le proprie convinzioni personali. Questo effetto è stato studiato approfonditamente dallo psicologo Solomon Asch negli anni ’50, attraverso una serie di esperimenti che sono diventati emblematici nella psicologia sociale.

Gli Esperimenti di Asch: Un Classico della Psicologia Sociale

Gli esperimenti di conformità di Asch hanno dimostrato come le dinamiche di gruppo possano influenzare il giudizio individuale.

La Procedura:

  1. Ai partecipanti veniva mostrato un cartoncino con una linea di riferimento e un altro con tre linee di diversa lunghezza.
  2. Il compito era semplice: identificare quale linea fosse della stessa lunghezza della linea di riferimento.
  3. I partecipanti erano circondati da complici dell’esperimento, che deliberatamente davano risposte sbagliate.

I Risultati:

    • Circa il 37% dei partecipanti si conformava almeno una volta alle risposte sbagliate del gruppo.
    • Solo il 25% rimaneva completamente indipendente, dando sempre la risposta corretta.
    Questi risultati dimostrano come la pressione del gruppo possa indurre una persona a mettere in discussione la propria percezione o a preferire l’accettazione sociale alla verità.

Perché Ci Conformiamo? Le Cause del Bias della Conformità

Esistono due principali motivazioni alla base del bias della conformità:

Influenza Normativa:

Questa avviene quando le persone si conformano per evitare il rifiuto o per sentirsi accettate dal gruppo. La paura del giudizio sociale gioca un ruolo cruciale in questo caso.

Influenza Informativa

Qui, gli individui credono che il gruppo abbia più informazioni o competenze e che seguire la maggioranza sia la scelta più sicura, anche a discapito delle proprie percezioni.

Esempi Pratici del Bias della Conformità nella Vita Quotidiana

Il bias della conformità si manifesta in molte situazioni comuni:

  • Moda e Tendenze: Adottiamo stili di abbigliamento popolari anche se non rispecchiano i nostri gusti.
  • Decisioni di Gruppo: Accettiamo decisioni che non condividiamo per evitare conflitti.
  • Opinioni Sociali: Cambiamo il nostro punto di vista per allinearci alla maggioranza.

Come Riconoscere e Superare il Bias della Conformità

Essere consapevoli del bias della conformità è il primo passo per limitarne l’influenza. Ecco alcuni suggerimenti pratici:

Sviluppa il Pensiero Critico

Allenati a valutare le informazioni in modo indipendente, considerando i dati oggettivi prima di accettare l’opinione del gruppo.

Chiediti Perché

Prima di adeguarti a una decisione, chiediti se stai agendo per convinzione personale o per paura di essere escluso.

Circondati di Persone Aperte

Frequentare ambienti dove il confronto è incoraggiato può aiutarti a esprimere le tue idee senza timore di giudizi.

Conclusione: Abbraccia il Cambiamento

Il bias della conformità è un meccanismo psicologico potente che può influenzare profondamente le nostre decisioni. Comprenderlo ci permette di riconoscere quando ci stiamo conformando per pressione sociale e di prendere decisioni più autentiche e consapevoli. Sviluppare una maggiore consapevolezza è la chiave per mantenere la nostra indipendenza di pensiero.

Se vuoi saperne di più su come la psicologia sociale influisce sulle tue scelte, contattami o leggi altri articoli sul mio sito.

Cartello con la scritta EXIT che simboleggia una via di uscita, rappresentativo delle scelte individuali in situazioni di conformità sociale.

Albert Einstein – fisico

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firma di martina chiereghin

Esperimento di Asch

Bias di conferma

Frase motivazionale sulla percezione degli altri e l'autenticità

Catone – politico, scrittore, militare

Non sei responsabile della versione di te che esiste nella mente degli altri

Capire il significato di questa frase

La frase “Non sei responsabile della versione di te che esiste nella mente degli altri” è un potente promemoria dell’importanza di non farsi condizionare dalle opinioni altrui.

Spesso, le persone creano un’immagine di noi basata su percezioni soggettive, esperienze personali e pregiudizi, emozioni del momento. Cercare di controllare questa immagine è un’impresa non solo impossibile, ma può risultare dannoso per il nostro benessere psicologico.

Perché non possiamo controllare la percezione degli altri

Il filtro delle esperienze personali

Ogni individuo interpreta la realtà attraverso il proprio vissuto, i propri valori e le proprie credenze.

Questo significa che la percezione che gli altri hanno di noi è influenzata da fattori che esulano COMPLETAMENTE dal nostro controllo.

Il bisogno di accettazione

Spesso sentiamo la pressione di dover soddisfare le aspettative altrui per sentirci accettati (sentirci, senzazione peronale, non è scontato che lo siamo davvero).

Questo può portarci a modificare il nostro comportamento o a reprimere la nostra autenticità, generando ansia e insoddisfazione, con il rischio di perseguire sogni e obiettivi altruri.

Liberarsi dal giudizio esterno

Accettare che non possiamo controllare ciò che gli altri pensano di noi è un passo fondamentale verso l’autenticità e il benessere emotivo.

Lavorare sull’autostima, sulla consapevolezza di sé, la conoscenza dei propri valori permette di ridurre il peso del giudizio altrui e di vivere in modo più libero e soddisfacente.

Come sviluppare una mentalità più libera

1. Lavorare sull’autostima

Una buona autostima aiuta a non dipendere dall’approvazione esterna. Investire su se stessi e sui propri valori è essenziale per costruire una solida fiducia personale.

2. Accettare che non possiamo piacere a tutti

Essere autentici significa inevitabilmente non essere apprezzati da tutti. Ma anche recitare una parte non porta ad essere stimati da tutti. Accettare questa realtà è liberatorio e aiuta a creare relazioni più sincere.

3. Praticare la mindfulness

La mindfulness aiuta a rimanere nel presente e a ridurre il peso delle preoccupazioni su ciò che gli altri pensano di noi.

Conclusione

Non possiamo controllare la percezione che gli altri hanno di noi, ma possiamo scegliere di vivere in modo autentico, senza farci condizionare dal giudizio esterno.

Accettare questo principio porta a una maggiore libertà emotiva e a una vita più appagante.

Frase motivazionale sulla percezione degli altri e l'autenticità

Oscar Wilde – scrittore, drammaturgo

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firma di martina chiereghin

Brené Brown, “The Gifts of Imperfection”

Carl Rogers, “On Becoming a Person”

Psicologia contemporanea, articoli su autostima e percezione sociale