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“Sei troppo permalosə!” Quando le etichette feriscono: come trasformare il giudizio in consapevolezza

Reazione emotiva dopo un commento giudicante

Marshall B. Rosenberg – psicologo

“Sei troppo sensibile!”, “Permalosə!”, “Esageratə!”

Quante volte abbiamo sentito – o detto – queste parole? E quante volte ci siamo fermati a riflettere su cosa davvero significhino?

Etichettare è facile. Un gesto rapido, quasi automatico. Ma quando etichettiamo una persona per la sua reazione emotiva, stiamo davvero osservando l’altro o stiamo difendendo un’immagine di noi stessi?

Le etichette che ci portiamo dall’infanzia

Fin da bambini veniamo spesso definiti con certe caratteristiche: “troppo sensibile”, “drammatico”, “esagerato”. Queste etichette, ripetute nel tempo, finiscono per costruire un’identità: non solo per chi le pronuncia, ma anche per chi le riceve.

Cresciamo dentro quelle parole, e finiamo per credere che siano vere. Ma lo sono davvero?

Una riflessione da psicologə… e da persona

Quando ho iniziato a studiare psicologia, l’ho fatto anche per comprendere certe mie reazioni. Volevo “aggiustarmi”, capire da dove nasceva quella sensibilità, permalosità (si dice??), durezza, aggressività che spesso veniva vista come un difetto, ma che io mettevo in campo per difendermi e nascondermi.

E mi sono chiestə:

“se sono io l’oggetto di una battuta che mi ferisce, avrò anche il diritto di dire che quella battuta non mi fa ridere? e avrò il diritto di farlo senza essere considerata permalosa? Chi decide cosa è esagerato? Chi decide cosa ferisce?

Proiezioni e difese: chi è davvero in difficoltà?

Oggi credo che chi etichetta spesso stia proteggendo più se stessə, che non identificando gli altri: È molto più complicato e faticoso decidere di riconoscere di aver ferito qualcuno che non semplicemente etichettarlo; riconoscere di aver ferito significa mettere in discussione la propria immagine: “non voglio pensare di me di essere una persona che fa male, quindi preferisco credere che tu esageri.”, mettere in discussione l’immagine che si ha di sè implica sicurezza, e poter ammettere di sbagliare implica autostima,

Dire “sei permalosə/esageratə/aggressivə” è il modo più semplice ed immediato per spostare il problema da se stessi: il problema sei tu, non la mia battuta.

La permalosità (e tutto il resto) non esiste?

Forse sì. O meglio, forse non esiste come tratto stabile e immutabile. Esistono reazioni emotive, a volte anche sproporzionate. Ma anche dietro queste reazioni ci sono trigger emotivi — ferite del passato, esperienze non elaborate.

Commentare solo la “sproporzione” della reazione senza interrogarsi su cosa l’ha innescata significa perdere un’occasione di comprensione e di connessione.

Una frase come:

“Mi dispiace, non volevo ferirti, non mi aspettavo questa reazione” può aprire un dialogo

Dire invece “sei permalosə” chiude ogni spazio. Etichetta, blocca, definisce.

La differenza tra etichetta e responsabilità

Etichettare significa dire: “tu sei così”.

Osservare e responsabilizzarsi significa dire: “questa è stata la tua reazione, cerchiamo di capire insieme”.

Per esempio: se da piccolə ti prendevano in giro per la tua goffagine, è possibile che oggi, ogni commento su quel tema, ti ferisca più di quanto “dovrebbe”. Non sei esageratə: stai proteggendo una ferita aperta.

Conclusione

Etichettare chi abbiamo davanti ci fa sentire sicuri, ma ci impedisce di vedere davvero la persona.

La prossima volta che ci viene da dire “sei permalosə/esageratə/aggressivə” o qualunque altra etichetta, proviamo a chiederci:

“Cosa mi ha dato fastidio davvero? Cosa sta succedendo dentro di me?”

Solo così possiamo trasformare le relazioni in spazi di consapevolezza e non di giudizio.

E si … se te lo stai chiedendo la stessa cosa vale anche per la timidezza, introversione, chiusura….

Reazione emotiva dopo un commento giudicante

Carl Gustav Jung –  psichiatra, psicoanalista

firma di martina chiereghin

Fonti

Brown, B. (2006). Shame resilience theory: A grounded theory study on women and shame. Families in Society, 87(1), 43–52.

Linehan, M. M. (1993). Cognitive-Behavioral Treatment of Borderline Personality Disorder. Guilford Press

Goffman, E. (1963). Stigma: Notes on the Management of Spoiled Identity. Prentice-Hall.